lunedì 19 gennaio 2015

Export lusso in Russia, ecco cosa sta accadendo (e dove andare)

Complici le sanzioni comminate dall'Unione Europea alla Russia in seguito alle note turbolenze con l'Ucraina, è Mosca il partner commerciale che sta preoccupando maggiormente gli imprenditori italiani, quasi rassegnati a iniziare il 2015 in un contesto fin troppo simile a quello che ha caratterizzato l'intero 2014. Proprio per tale motivo le associazioni imprenditoriali tricolori stanno muovendo i loro passi per cercare di alleviare le sofferenze commerciali già avvertite nello scorso anno. Il grave rischio è infatti che il Paese cada in recessione: un rischio che corrisponderebbe a ulteriori problemi per le imprese italiane che operano nel comparto del lusso (e non solo), inducendo i russi a comprare sempre di più all'interno dei propri confini nazionali, e sempre di meno all'esterno.

Ma, considerando che la Russia è un mercato sempre più delicato, dove dirigere i propri obiettivi commerciali internazionali in attesa che la situazione moscovita giunga a rasserenamento?
Sicuramente, ad oggi i mercati più maturi sono anche quelli che offrono le maggiori sicurezze. Pertanto, occhi aperti nei confronti dei consumatori dell'Europa Occidentale  e degli Stati Uniti: una tendenza peraltro ben confermata dalle trimestrali che abbiamo avuto modo di analizzare negli ultimi mesi, e che dimostrano come i principali gruppi italiani del settore del lusso (e qualche piccolo - medio operatore con loro) abbiano indirizzato in misura crescente le proprie propensioni di internazionalizzazione proprio verso Stati Uniti (+ 9,3% a/a), Germania (+ 8% a/a) e Francia (+ 1,4% a/a).

Da non sottovalutare sarà inoltre l'apporto garantito ancora dagli "ex" emergenti e, in particolare, dalla Cina. La Cina ha sostenuto, nella recente storia, i conti delle società italiane che operano nel mercato del lusso. Tuttavia è altrettanto vero che nel 2015 (così come nel 2014) dovrebbe verificarsi una relativa attenuazione del peso specifico della Cina nel fatturato delle società di settore, considerato che alcuni prodotti di lusso stanno trovando sempre meno appeal.

Come se non bastasse quanto sopra, a nuocere (potenzialmente) alle imprese del settore potrebbero essere i cambi valutari. Già nel corso del 2014 il fatturato di settore è cresciuto del 2% a tassi correnti e del 5% a tassi costante, con una forte penalizzazione legata al deprezzamento di alcune delle principali valute fruite (come - appunto - il renmimbi cinese). Nel 2015 dovrebbe verificarsi un consolidamento dell'apprezzamento del dollaro, ma rimarrà comunque prevalente la massima aleatorietà per quanto attiene l'evoluzione dei cross valutari.

Infine, l'incremento delle barriere non tariffarie, definito come "esponenziale" dallo stesso vice ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. "Nei Bric in meno di dieci anni le barriere non tariffarie sono cresciute di otto volte: non si sono aperti se non ai beni intermedi, alle macchine — perché più produci su quei Paesi meglio è — e questo è il motivo per cui il nostro export tiene più di quello francese ma meno di quello tedesco. Sono preoccupato, ma nel complesso lo sono relativamente perché dove non ci sono comportamenti protezionisti inusuali, come negli Stati Uniti, stiamo andando molto bene e complessivamente per il 2014 ci avviamo a un record assoluto di esportazioni: nei primi nove mesi siamo già a 28 miliardi contro i 19 dello stesso periodo 2013" -. Sottolineava Calenda in tal proposito.


Ma quale è allora la ricetta ideale per le imprese italiane che desiderano esportare? Sostanzialmente, la "soluzione" è sempre la stessa: individuare più mercati di destinazione, curare la propria offerta commerciale declinandola sulla base del target di riferimento, spendere la giusta attenzione nei confronti delle condizioni di vendita, della promozione e della ricerca di nuove strade, in un'ottica di differenziazione.